Scienze

ASTRONOMIA


COORDINATE CELESTI
Le stelle ci appaiono disposte su una sfera di cui la Terra occupa il centro. Tale sfera sembra muoversi da est a ovest compiendo una giro completo ogni 24h a causa della rotazione retrograda della Terra attorno al proprio asse. Per individuare la posizione di un astro nel cielo `e necessario definire un sistema di coordinate. In tal modo, nota la posizione di un oggetto celeste e scelto un adeguato sistema di riferimento, un osservatore posto in un punto qualsiasi della superficie terrestre sarà in grado di individuarlo. Esistono 3 diversi sistemi di coordinate: il sistema dell’ orizzonte, quello equatoriale e quello galattico. Ma prima ancora di parlare di sistemi di coordinate brevemente accenniamo ai fondamentali punti di riferimento sulla sfera celeste:
1.        asse del mondo = prolungamento dell’asse terrestre che interseca la sfera celeste nel polo nord e polo sud celeste
2.        equatore celeste = circonferenza risultante dall’intersezione con la sfera celeste del piano dell’equatore celeste
3.        paralleli e meridiani celeste = sono proiezioni di quelli terrestri sulla volta celeste
4.        parallelo fondamentale = equatore celeste
5.        meridiano fondamentale = quello passante per il punto gamma (punto dell’ariete =punto della sfera celeste in cui si trova il sole il giorno dell’equinozio di primavera)
6.        antimeridiano fondamentale = quello passante per il punto omega della bilancia (punto occupato dal sole durante equinozio da’autunno)
Sistema dell’orizzonte o sistema altazimutale
è soggettivo in quanto dipende dalla posizione dell’ osservatore. I riferimenti fondamentali di questo sistema sono il piano dell’ orizzonte astronomico , lì asse passate per lo zenit e il nadir,.La posizione di un astro è definita da due angoli l’ altezza e l’ azimut.
Altezza - distanza angolare dell’ astro dal piano dell’ orizzonte astronomico dell’ osservatore. Angolo compreso tra il segmento che unisce il centro del piano (osservatore) all’ astro e il piano dell’ orizzonte. Varia da 0° (sul piano dell’ orizzonte) a 90° (allo zenit). I Punti che restano sotto il piano dell’ orizzonte hanno altezza variabile da 0° a -90° (nadir).
Azimut - distanza angolare tra il piano del circolo verticale passante per l’ astro e il piano passante per il meridiano locale. Si misura sull’ orizzonte astronomico dell’ osservatore partendo da l punto cardinale sud in senso orario. Coordinate Equatoriali Questo sistema è oggettivo e non dipende dalla posizione dell’osservatore. I valori delle due coordinate rimangano fissi in quanto il corpo da osservare si muove insieme a tutta la volta celeste. I riferimenti fondamentali di questo sistema sono il piano dell’ equatore celeste e l’ asse del mondo. La posizione di un astro è definita da due angoli la declinazione e l’ ascensione retta. * Declinazione - Distanza angolare dell’ astro dall’ equatore celeste. Declinazione positiva nell’ emisfero boreale, negativa australe. * Ascensione retta - Distanza angolare tra il meridiano celeste passante per l’astro e il meridiano fondamentale. Si misura in senso antiorario partendo dal meridiano fondamentale.

DISTANZE ASTRONOMICHE
In passato si credeva che il cielo fosse un’enorme sfera cava in rotazione attorno a noi, in cui gli scintillanti corpi celesti vi erano incastrati come gioielli. Oggi siamo a conoscenza che i corpi celesti sono in realtà distribuiti in uno spazio di dimensioni ben più grandi, l’illusione della volta celesta è riproposta solo al fine di creare un comune sistema di riferimento. La distanza di un qualsiasi corpo celeste, dalla terra è uno dei parametri fondamentali per determinarne e confrontarne le caratteristiche. Per il calcolo di distanze di corpi  relativamente vicini alla terra il metodo più diffuso è quello diretto della parallasse trigonometrica, che tiene conto dell’apparente variazione della posizione del corpo osservata dovuta al reale spostamento dell’osservatore sulla terra. Per misurare la distanza di un astro è dunque sufficiente attendere lo spostamento dell’osservatore causato o dal moto di rotazione (parallasse diurna) o dal moto di rivoluzione (parallasse annua). Per il calcolo della distanza di una stella l’angolo di parallasse si determina costruendo un triangolo che ha per base il diametro dell’orbita terrestre e per lati i segmenti i cui estremi sono la stella e due posizioni della terra a distanza di sei mesi. si definisce angolo di parallasse l’angolo sotto il quale dalla stella si vedrebbe il semiasse maggiore dell’orbita terrastre. Esso si misura in secondi di grado per cui  1pc=1" (pc = parallasse – secondo). La distanza è data dalla relazione d =1\1p (p =angolo di parallasse). +d-p-d+p. 1pc corrisponde anche 206265 UA = unità astronomica (distanza media sole-terra ). 1al = o,31pc (al=anno luce distanza percorsa dalla luce in un anno ). Per stelle e corpi celesti che si trovano a distanze maggiori si utilizzano invece metodi indiretti, uno di questi è il metodo delle cefeidi =stelle variabili con un periodo di pulsazione in stretta relazione con la loro luminosità assoluta. Dal periodo osservato di una cefeide si ricava magnitudine assoluta e dal confronto con quella apparente distanza. *Metodi spettroscopici =analisi dello spettro

GLI STRUMENTI DELL’ASTRONOMIA
I moderni derivati del cannocchiale sono i telescopi ottici. Ne esistono di due tipi: a rifrazione e a riflessione. Quelli a rifrazione, più antichi, sono dotati di lenti come il cannocchiale. I raggi luminosi provenienti dalle stelle attraversano l’obbiettivo e vengono concentrati, per rifrazione ottica nel fuoco dove si forma l’immagine che viene infine ulteriormente ingrandita dalla lente oculare. I telescopi a riflessione raccolgono la luce tramite uno specchio curvo e la convogliano nel fuoco primario davanti ad esso. Le caratteristiche essenziali di un telescopio sono la capacità d’ingrandimento e il potere di risoluzione, che determina la nitidezza dell’immagine.
I radiotelescopi sono sistemi di antenne che raccolgono deboli onde radio da quasar e pulsar ad esempio. Ma esistono anche telescopi per l’infrarosso, per l’ultravioletto, per i raggi x, i raggi gamma e sistemi per rilevare i neutrini. Gli spettroscopi e gli spettrografi permettono di analizzare la luce policromatica scomponendola nelle sue varie frequenze. Esistono spettri ad emissione continui (generati da solidi, liquidi o gas compressi incandescenti, tutti colorati), gli spettri di emissione a righe (prodotti da gas rarefatti incandescenti a bassa pressione, tutto nero, righe colorate) gli spettri di assorbimento (si ottengono facendo passare una luce policromatica bianca attraverso un gas rarefatto che assorbe le frequenze di luce che esso stesso emetterebbe se fosse incandescente. La spettroscopia stellare fornisce agli astronomi informazioni sulla composizione e la temperatura delle stelle.

 LE STELLE 
Le stelle sono corpi celesti luminosi in equilibrio (gravità centripeta = pressione di radiazione centrifuga) emettitori di particelle (vento stellare) e di radiazioni. Di alcune stelle siamo in grado di determinare diversi parametri fisico-chimici come la luminosità, la composizione chimica, la massa e la temperatura. in base a questi dati gli astrofisici hanno potuto elaborare teorie che spiegano come si originano e come si evolvono.

LUMINOSITA E MAGNITUDINE
   Quando guardiamo il cielo notturno vediamo stelle di differente luminosità. Alcune sono intrinsecamente molto luminose ma appaiono poco luminose a causa della loro elevata distanza dalla Terra. Altre sono intrinsecamente poco luminose ma appaiono più luminose delle prime perchè sono molto più vicine.
Ciò che percepisce il nostro occhio è solo l’intensità della luce che ci inviano, essa tuttavia non ci fornisce alcuna informazione sulle proprietà interne, intrinseche, delle stelle.Se vogliamo saperne di più su di una stella, il suo diametro, la sua luminosità intrinseca o le sue proprietà interne, per esempio, dobbiamo conoscere la sua distanza dalla Terra. Come evidente dalla relazione: L=LO/4 PGRECO D^2 Dove per L s’intende la luminosità apparente e per L0 quella assoluta o intrinseca. La luminosità intrinseca, vera, di un oggetto, a sua volta, per la legge di Stefan dipende solo dal raggio della superficie emittente e dalla temperatura alla quale avviene l’emissione secondo la relazione L0 = 4 π r2 σ T4
    Storicamente le stelle visibili a occhio nudo sono state riunite in sei differenti classi di luminosità chiamate magnitudini. Questo sistema di classificazione fu ideato dall'astronomo greco Ipparco nel 120 a.C. ed è ancora in uso, sebbene sia stato modificato e ampliato. Ipparco classificò le stelle in base ad una scala che andava dalla 1a magnitudine ( stelle più brillanti ) alla 6a ( stelle appena visibili ad occhio nudo ).
    L'astronomia ha fatto grandi progressi dai tempi di Ipparco, e oggi ci sono grandi telescopi e telescopi spaziali in grado di ricevere e analizzare luce di stelle miliardi di volte meno luminose di quelle visibili ad occhio nudo  .Il concetto di magnitudine è stato rivisto in modo però da non alterare la scala di Ipparco.     Gli astronomi usano due tipi di magnitudini: la magnitudine apparente e la magnitudine assoluta.
MAGNITUDINE APPARENTE , m , di una stella è la misura della sua luminosità così come osservata da Terra Essa viene definita relativamente alla magnitudine e all'intensità di luce di una stella di riferimento.
m =  m rif  - 2,5 log ( I / I rif )                                 
dove m rif  è la magnitudine apparente di una stella di riferimento, I è la misura dell'intensità di luce della stella.
MAGNITUDINE ASSOLUTA magnitudine apparente non fornisce  informazioni sulle proprietà intrinseche delle stelle. Abbiamo bisogno di stabilire una proprietà comune che possiamo usare per confrontare differenti stelle e usarle nell'analisi statistica. Questa proprietà è la magnitudine assoluta. La magnitudine assoluta , M , è definita come la magnitudine relativa che  una stella  avrebbe se fosse posta ad una distanza di 10 parsec ( 1 parsec ( 1 pc ) = 3,26 a.l.) dal Sole.

 COLORE E TEMPERATURA Sappiamo grazie alla legge di Wien che il colore di una stella dipende dalla sua temperatura superficiale. Infatti premesso che un corpo incandescente emette radiazioni elettromagnetiche di diversa frequenza, la frequenza per la quale si ha il massimo di emissione è direttamente proporzionale alla temperatura assoluta, come si può dedurre dall’osservazione delle curve di Planck.
La legge afferma dunque che al crescere della temperatura il colore del corpo si sposta dal rosso al blu.
Di conseguenza le stelle relativamente fredde sono di colore rossastro mentre quelle molto calde sono azzurrognole, con tutte le possibili gradazioni intermedie. Alla fine del XIX secolo è stato messo a punto un metodo per determinare la temperatura di una stella, basata sull’indice di colore BV: è la differenza tra la magnitudine blu e la magnitudine gialla della stella (detta anche visibile) misurate facendo passare la luce stellare dapprima attraverso un filtro che seleziona le frequenze del blu, poi attraverso un filtro che seleziona il giallo. Le stelle molto calde hanno un indice di colore di valore negativo, poiché l’emissione nel campo blu è maggiore che nel giallo (e di conseguenza la magnitudine blu è minore di quella gialla). Il contrario avviene per le stelle meno calde. Ulteriori informazioni sulle caratteristiche fisiche e chimiche delle stelle sono fornite dall’analisi degli spettri di assorbimento delle luce stellare. Teoricamente il tipo e l’intensità delle righe di assorbimento presenti negli spettri dovrebbero indicare quali elementi chimici sono presenti nell’atmosfera stellare e la loro abbondanza relativa.
Tuttavia, poiché è soprattutto la temperatura di un corpo a determinare il modo in cui assorbe la luce, gli spettri forniscono un’indicazione precisa della temperatura superficiale delle stelle, più che della loro composizione interna.
In base alle caratteristiche delle righe dei loro spettri la stelle sono state suddivise in classi (o tipi) spettrali O, B, A, F, G, H, M

DIAGRAMMA HR
All'inizio del XX secolo gli astronomi Hertzsprung, danese, e Russell statunitense, proposero il diagramma che illustra la relazione tra temperatura e luminosità delle stelle. IL diagramma HR, costituisce uno dei pilastri dell'astro fisica moderna e in particolare il mezzo indispensabile per comprendere i principi fondamentali dell'evoluzione stellare.
Riportando su un grafico la luminosità delle stelle in funzione della loro temperatura, si osserva che le stelle non si ripartiscono a caso nel piano individuato da queste due coordinate, ma si addensano in alcune regioni preferenziali. La maggior parte di esse si dispone lungo una linea che attraversa diagonalmente il diagramma e che prende il nome di sequenza principale o sequenza delle stelle nane. Le stelle di questa sequenza hanno luminosità assai diverse a seconda della loro temperatura; le stelle più calde hanno infatti una luminosità circa 100 milioni di volte superiore alle stelle rosse di bassa temperatura. Il diagramma comprende altre zone di concentrazione stellare e più precisamente la zone delle stelle di bassa temperatura e alta luminosità, (sequenze delle stelle giganti e supergiganti rosse) e la zona delle stelle di alta temperatura e bassa luminosità, che rappresentano il piccolo gruppo delle stelle nane bianche, situato nella parte bassa verso sinistra del diagramma. Se interpretiamo il diagramma come una fotografia di un istante di vita delle stelle si riesce a comprendere che se la sequenza principale è la zona con maggiore affollamento di punti significa che essa rappresenta il periodo di maggiore durata nella vita di ogni stella, mentre le giganti rosse e le nane bianche sono fasi di durata molto più breve.

 EVOLUZIONE DELLE STELLE
I complessi meccanismi dell’evoluzione stellare si comprendono solo se essi sono determinati da due tendenze opposte: da un lato la massa globale dei materiali presenti nella stella esercita una forza di gravità che tende a far contrarre o addirittura collassare la stella su se stessa; da un altro i processi di fusione nucleare all’interno della stessa tendono a fare espandere l’involucro gassoso della stella nello spazio poichèaumentano l’energia cinetica delle particelle che la costituiscono. In certe fasi della vita di una stella si crea un equilibrio stabile fra le due diverse tendenze, mentre in altri periodi l’equilibrio si spezza e la situazione diventa estremamente instabile.
Si ritiene che le stelle si formino per collasso gravitazionale di masse d’idrogeno gassoso. (protostelle). Queste contraendosi si riscaldano. Nel momento in cui la temperatura raggiunge i 10 milioni di gradi iniziano le reazioni di fusione nucleare dell’h dalle quali si sprigiona energia sufficiente per frenare il collasso. Quando dopo miliardi di anni l’idrogeno si esaurisce il nocciolo della stella riprende a contrarsi e a scaldarsi finché non si innesca la fusione dell’elio, e poi in successione, del carbonio, dell’ossigeno e di altri elementi via via più pesanti. L’involucro esterno nel frattempo si espande e si raffredda assumendo un colore rossastro. La stella diventa così una gigante rossa. Il passo successivo dell’evoluzione dipende ancora una volta dalla massa della stella. Se la massa residua, dopo lo stadio di gigante rossa, è inferiore a circa 1,5 masse solari, la stella si raffredda diventando infine una nana bianca per poi spegnersi definitivamente trasformandosi in un corpo freddo (nana nera). Se la massa residua della stella è compresa fra 1,5 e 3 masse solari, essa collassa a tal punto da assumere una densità paragonabile a quella del nucleo atomico. La maggior parte delle particelle negative si combina allora con i protoni, originando una stella di neutroni. L’energia liberata nella contrazione di tale stella si ritiene possa dar luogo a una nova o una supernova. Stelle con masse residue ancora maggiori si tramutano presumibilmente in buchi neri. Ottenuto per collasso gravitazionale, un buco nero genera un campo gravitazionale così intenso da impedire perfino alla luce di fuggirne.

I MOTI DELLA TERRA
 La terra è il terzo pianeta del sistema solare e la sua forma è simile a quella di un geoide; essa è approssimativamente sferica e schiacciata ai poli. I movimenti della Terra sono tutta quella serie di moti simultanei che incidono su diversi aspetti di natura astronomica e climatica sulla vita del pianeta. I principali moti della terra sono di rotazione e di rivoluzione; altri moti sono di recessione e di traslazione o ancora la terra è coinvolta nei moti millenari dovuti all’attrazione gravitazionale che altri corpi del sistema solare esercitano sulla terra: precessione luni-solare, spostamento della linee degli absidi, variazione dell’inclinazione dell’asse terrestre, variazione dell’eccentricità dell’orbita. Tutti i movimenti che coinvolgono il nostro pianeta avvengono simultaneamente: il risultato è un unico movimento complessivo e complesso che impedisce alla terra di passare per due volte per lo stesso punto dell’universo.
Moto Di Rotazione Il moto di rotazione è quello che la terra compie girando intorno al proprio asse da ovest verso est, in senso quindi antiorario a velocità pressoché costante in un tempo pari a 24 ore 56 min e 4 sec, detto giorno sidereo. Ogni punto della terra compie una rotazione di 360 in un giorno sidereo a qualunque latitudine esso si trovi, perché tutti i punti della terra possiedono la medesima velocità angolare (angolo percorso nell’unità di tempo). Ciò che cambia fra due punti a diversa latitudine è invece la velocità lineare(arco di circonferenza percorso nell’unità di tempo da un corpo in rotazione) v=ωr: essa è max all’eq 463m/sec e nulla ai poli.
Prove A lungo si è cercato di dimostrare la necessita del moto di rotazione e gli studiosi del passato sono pervenuti a brillanti risultati sperimentali, ad efficaci prove seppur sempre indirette, prima ancora di poter usufruire delle moderne apparecchiature che direttamente rendono libero l’accesso dell’uomo all’universo (moderni satelliti, fotografie dallo spazio ecc). al di là della semplice analogia con gli altri pianeti di cui anche galilei attraverso il suo cannocchiale ebbe modo di avvalersi (anche gli altri pianeti, la luna e il sole hanno un moto di rotazione) fra le prove più significative ricordiamo quella offerta da guglielmini che dimostrò la deviazione verso est dei corpi in caduta libera. (Guglielmini realizzò l'esperimento della caduta di un grave dalla Torre degli Asinelli di Bologna per verificare la correttezza dell'assunto newtoniano secondo il quale, per effetto della rotazione terrestre, in prossimità della superficie della Terra un corpo non cade lungo la verticale, ma se ne discosta verso sud-est nell'emisfero nord.)
L'esperimento di guglielmini precedette di oltre mezzo secolo quello, più noto, del pendolo di Foucault che invece mostrò la necessità di intendere il moto di rotazione attraverso la dimostrazione della rotazione apparente giornaliera del piano d’oscillazione di un pendolo.   
 Le conseguenze del moto di rotazione invece sono principalmente il movimento apparente notturno della sfera celeste e diurno del sole, la variazione di peso di un corpo con la latitudine a causa dell’esistenza della forza centrifuga, l’esistenza della forza apparente di coriolis, (a causa del moto di rotazione un corpo che si muove liberamente modificando la propria latitudine devia la sua direzione originaria: verso dx se si trova nell’australe, verso sx nel boreale. La forza di coriolis è una forza apparente, un artificio per spiegare tale deviazione), l’alternanza del di e della notte.
Moto Di Rivoluzione
Il moto di rivoluzione è quello che la terra compie girando intorno al sole. Durante questo movimento la terra descrive un'orbita ellittica (detta eclittica) di cui il sole occupa uno dei due fuochi. La terra, perciò, varia continuamente la sua distanza rispetto al sole. Nel punto più vicino, perielio, dista dal sole 147 milioni di chilometri, mentre nel punto più lontano, afelio, ne dista 152 milioni di chilometri. Il periodo di tempo impiegato dalla terra per compiere una rivoluzione completa si chiama un anno, il quale dura 365 giorni 5 ore 48 minuti e 46 secondi. L’asse terrestre è inclinato di 66°33’ rispetto al piano dell’eclittica e di 23°27’rispetto alla normale al piano dell’eclittica.
Accanto alle prove indirette del moto di rivoluzione (analogia con altri pianeti, movimento annuo del sole attraverso costellazioni) esistono anche significative prove sperimentali: aberrazione stellare annua (E' lo spostamento angolare della posizione osservata di un corpo celeste dalla sua posizione geometrica, provocata dalla velocità finita della luce sommata al moto dell'osservatore e del corpo celeste.  Si ricorda che la velocità della luce nel vuoto "c" equivale a 299.792,458 km/s. in particolare essa può essere distinta in: aberrazione annua - componente indotta dal moto della Terra nel suo moto di rivoluzione attorno al Sole
aberrazione diurna - componente indotta dal moto di rotazione diurna dell'osservatore solidale con la Terra effetto doppler ed effetto parallasse.
CONSEGUENZE Alternanza delle stagioni: causata dalla variazione dell’inclinazione dei raggi solari in qualsiasi punto della superficie terrestre nel corso dell’anno e dalla diversa durata del di e della notte. La terra in questo moto intorno al sole, viene a trovarsi, in quattro posizioni particolari nei giorni che segnano le stagioni astronomiche:
- equinozio di primavera (21 marzo: inizio della primavera) il sole in culmine raggiunge lo zenit all’equatore;
- solstizio d'estate (21 giugno: inizio dell'estate) il sole in culminazione è allo zenit sul tropico del cancro 23°27’ nord equatore;
- equinozio d'autunno (23 settembre: inizio dell'autunno) il sole in culmine raggiunge lo zenit all’equatore;
- solstizio d'inverno (22 dicembre: inizio dell'inverno) il sole in culminazione è allo zenit sul tropico del capricorno 23°27’ sud equatore.
 differente durata del di e della notte per uno stesso luogo nei diversi giorni dell’anno, tranne all’equatore (12h per tutto l’anno). Il di e la notte = solo per gli equinozi e al circolo polare artico sole non tramonta, mentre nell’antartico non sorge, esistenza di zone astronomiche (torrida, temperata, polare)
diversa altezza del sole sul piano dell’orizzonte durante l’anno,
diversa durata del giorno sidereo (tempo che la terra impiega per compiere una rotazione di 360° intorno al proprio asse 23h 56 min 4s e del giorno solare (intervallo di tempo che intercorre fra due successive culminazioni del sole sul meridiano dell’osservatore.24h . differenza 6 min

MOTI MILLENARI
I moti millenari sono movimenti che la Terra compie in tempi lunghi migliaia di anni, e che producono mutamenti interessanti dal punto di vista geologico (ad esempio, le glaciazioni) ma sono ininfluenti nel corso di una vita umana. Tali moti si verificano a causa dell'azione gravitazionale che gli altri corpi esercitano sul nostro pianeta, provocando delle variazioni nella posizione della Terra nello spazio.
Lo "spostamento dei poli", anche detto anche movimento degli assi terrestri, è il moto doppioconico compiuto dall'asse terrestre in senso orario. Il suo periodo è di circa 26000 anni. L'attrazione che Sole e Luna esercitano sul rigonfiamento equatoriale tende a far coincidere il piano dell'equatore con il piano dell'orbita (rendendo quindi l'asse terrestre perpendicolare al piano dell'eclittica). A questo movimento si oppone la rapida rotazione della Terra che tende invece a mantenere immutata la posizione dell'asse. L'azione combinata di queste due forze fa descrivere all'asse una specie di doppio cono. Una delle conseguenze più importanti di questo moto è lo spostamento della linea degli equinozi: infatti, poiché l'asse terrestre ruota, ruota a sua volta il piano dell'equatore celeste, che causa la rotazione dei punti equinoziali. Dal momento che la precessione avviene in senso contrario a quello della rotazione terrestre, ogni anno gli equinozi si verificano leggermente prima (di circa venti minuti). Mentre il moto di precessione dell'asse ha un periodo di circa 26000 anni, la precessione degli equinozi si completa in circa 21000 anni: questa differenza di periodo è dovuta allo spostamento della linea degli apsidi.
 Nutazioni Le nutazioni sono perturbazioni del moto di precessione dell'asse di periodo di circa 18,6 anni. Queste perturbazioni sono dovute al cambiamento della distanza Terra-Luna, che non si mantiene costante sia poichè i due corpi si muovono su orbite ellittiche, sia a causa del moto di regressione della linea dei nodi (il cui periodo è proprio 18,6 anni). Le nutazioni fanno sì che l'asse terrestre, anzichè descrivere coni circolari, si muova lungo coni leggermente ondulati.
Spostamento della linea degli apsidi A causa dell'attrazione esercitata sulla Terra dagli altri pianeti, l'asse maggiore dell'orbita terrestre, detto linea degli apsidi, ruota, facendo perno nel centro del Sole, in senso antiorario. Il periodo di questa rotazione è di circa 117000 anni. Spostandosi in senso antiorario, la linea degli apsidi "va incontro" a quella degli equinozi (che si muove invece in senso orario), cosicchè la precessione degli equinozi ha una durata inferiore alla precessione lunisolare.
Variazione dell'eccentricità dell'orbita Benchè non vari la lunghezza della linea degli apsidi, il rapporto tra la distanza del Sole dal centro dell'orbita e la lunghezza del semiasse maggiore di questa (la differenza tra le distanze Sole-afelio e Sole-perielio) passa, in un periodo di circa 92000 anni, da un minimo di 1 milione di km (corrispondente a un valore di eccentricità di circa 0,003) ad un massimo di 16 milioni di km (pari a un valore di eccentricità di circa 0,054).
 Mutamento dell'inclinazione dell'asse terrestre  In un periodo di circa 40000 anni l'angolo che l'asse terrestre forma con la perpendicolare al piano dell'orbita passa da un minimo di 21 ° 55' ad un massimo di 24° 20'.

IL SOLE
Il sole è una stella di medie dimensioni e di media temperatura, situata al centro della sequenza HR. La sua bassa densità farebbe presupporre la preponderanza al suo interno d’elementi chimici leggeri al suo interno (h elio) dall’analisi dello spettro solare tuttavia ci si accorge che in esso sono presenti tutti gli elementi chimici dell’universo. L’ipotesi più accertata è che quest’ultimi si siamo formati prima della nascita del sole stesso che quindi risulta essere fatta da materiale riciclato.
Il sole è una grande macchina termica che esprime una potenza di 3,86 10.26 W (solo una piccola parte arriva alla terra sotto forma di luce e calore) e che possiede un moto rotatorio da ovest verso est intorno a un asse quasi perpendicolare al piano orbitale terrestre. La sua velocità angolare varia con la latitudine (25 giorni all’equatore, fino a 35 nei poli) ed ciò è una prova della fluidità almeno esterna della nostra stella.
Il sole è un’enorme sfera gassosa formata da cerchi concentrici caratterizzati da diverse condizioni fisiche e chimiche. La temperatura e la densità aumentano verso l’interno fino a valori elevatissimi che ne potrebbero determinare il collasso impedito tuttavia dall’altissima energia cinetica delle particelle che tendono ad espandersi. Tale situazione d’equilibri dura da 5 miliardi d’anni, e per 5 miliardi d’anni ancora durerà.
Distinguiamo la parte interna del sole formata dal nucleo, dalla zona radiativi e da quella convettiva, dalla parte esterna suddivisa in fotosfera, cromosfera e corona solare. Il nucleo è la zona centrale con una temperatura di circa 14 milioni di k, sufficiente cioè ad innescare i processi di fusione nucleare. La materia è costituita in gran parte da h ed elio allo stato di plasma. L’energia prodotta tende a migrare verso l’esterno e sarà assorbita dalla zona radioattiva che la trasmette a sua volta verso l’esterno per irraggiamento (in particolare raggi x e gamma). Nella zona convettiva il trasporto avviene per mezzo di moti convettivi passando alla zona esterna: la fotosfera è costituita da gas a bassa pressione e a temperatura di circa 5800k. In essa sono presenti granuli(zone più luminose e più calde dove gas è in risalita) le macchie solari( aree fredde in cui numero varia periodicamente). La cromosfera è visibile unicamente durante l’eclissi di sole ed è caratterizzata dalla presenza di grandiosi fenomeni di turbolenza: le protuberanze (getti di gas caldi)  i brillamenti (esplosioni di luce con grandissima liberazione di energia). La corona solare è costituita da gas fortemente ionizzati e rarefatti, ad una temperatura esternamente elevata. In parte si disperde nello spazio come vento solare, che raggiunge il nostro pianeta e interagisce con l’atmosfera producendo fenomeni come aurore boreali e tempeste magnetiche.

CICLO PROTONE PROTONE
1H + 1H =  2H +e+ +n
2H + 1H = 3He + g
3He + 3He = 4He + 1H + 1H
La catena protone-protone è un processo nucleare che trasforma idrogeno (protoni) in nuclei di elio. È la sorgente di energia principale per la maggior parte delle stelle dell'universo, compreso il Sole nel quale questa catena è il processo predominante. Un altro processo che porta alla formazione di elio partendo da idrogeno è il ciclo CNO.
Nel primo passaggio due nuclei di idrogeno 1H (protoni) si fondono per formare deuterio 2H, rilasciando un positrone (poiché un protone è diventato un neutrone) ed un neutrino (decadimento β+).
1H + 1H → 2H + e+ + νe
Il positrone si annichila immediatamente con un elettrone, e le loro energie di massa sono trasformate in due raggi gamma.
e+ + e → 2γ
Dopo la produzione di deuterio nel primo passaggio esso si può fondere con un altro idrogeno per produrre un isotopo leggero dell'elio. 3He:
2H + 1H → 3He + γ

ESPERIENZA DI FOUCAUL
Il pendolo di Foucault, così chiamato in onore del fisico francese Jean Bernard Léon Foucault, fu concepito come esperimento per dimostrare la rotazione della Terra attraverso l'effetto della forza di Coriolis.
 Funzionamento   Il pendolo nel Panthéon di Parigi.Si tratta di un alto pendolo libero di oscillare in ogni direzione per molte ore. Il primo pendolo di Foucault fu presentato al pubblico nel 1851, ed era costituito da una sfera di 28 kg sospesa alla cupola del Pantheon di Parigi con un filo lungo 67 m.
Ad ogni latitudine della Terra, tranne che all'equatore, si osserva che il piano di oscillazione del pendolo ruota lentamente. Al Polo Nord e al Polo Sud la rotazione avviene in un giorno siderale: il piano di oscillazione si mantiene fermo mentre la Terra ruota, in accordo con la prima legge del moto di Newton.Alle altre latitudini il piano di oscillazione ruota con un periodo R inversamente proporzionale al seno della latitudine stessa (α); a 45° la rotazione avviene ogni 1,4 giorni, a 30° ogni 2 giorni e così via:
La rotazione avviene in senso orario nell'emisfero boreale e in senso antiorario nell'emisfero australe. Il concetto può essere difficile da comprendere a fondo, ma ha portato Foucault a ideare nel 1852 il giroscopio. L'asse del rotore del giroscopio segue sempre le stelle fisse; il suo asse di rotazione appare ruotare sempre una volta al giorno a qualunque latitudine.
Il pendolo di Foucault è impegnativo da costruire poiché piccole imprecisioni possono causare errori nell'oscillazione che mascherano l'effetto della rotazione terrestre. La resistenza dell'aria inoltre frena l'oscillazione; per questo motivo nei musei i pendoli incorporano un elettromagnete o altro dispositivo per mantenere in moto il sistema.

ESPERIENZA DI GUGLIELMINI
Se lasciamo cadere un peso all'interno di una torre sufficientemente alta, non cade esattamente sulla verticale, ma, a causa del moto di rotazione terrestre, cade di poco verso occidente.
Questo fenomeno si spiega facilmente perché la velocità della cima della torre vt , da dove viene lasciata cadere è leggermente superiore alla velocità della base della torre vb, perché la cima ha una maggiore distanza dal centro della Terra.
L'esperimento del 1791 è noto anche come esperienza di Guglielmini. Esso diede un'ulteriore prova della rotazione terrestre. Egli fece cadere più volte un peso dalla Torre degli Asinelli e notò come il grave, invece di cadere lungo una posizione verticale, deviasse spostandosi verso est di 17 millimetri, come già Newton aveva previsto. Questo fenomeno era spiegabile solamente attraverso la rotazione terrestre da ovest verso est. Se infatti la Terra fosse ferma, il corpo, cadendo da una torre alta circa 100 metri, sarebbe soggetto alla sola forza di gravità, tuttavia la terra ruotando su se stessa fa in modo che il peso, nel momento in cui è lasciato cadere, sia soggetto anche ad una velocità tangenziale, diretta ortogonalmente rispetto alla direzione della forza di gravità. Di conseguenza, secondo le leggi della meccanica, la traiettoria del peso risulta essere la risultante delle due velocità, quella di caduta diretta verso il centro della Terra, e la sua ortogonale tangenziale, che di fatto è quella che devia il peso verso est.


GEOLOGIA

Struttura interna della terra
La Terra convenzionalmente è suddivisa in tre gusci concentrici: crosta, mantello e nucleo.  La densità aumenta andando verso l'interno della Terra.
La crosta rappresenta il guscio più esterno. Il suo spessore varia tra 5-15 km sotto gli oceani e 30-40 km sotto i continenti e supera i 50 km sotto le grandi catene montuose.  La crosta oceanica ha un sottile strato di sedimenti che ricopre lave e prodotti vulcanici basaltici e una densità media di circa 2.9 g/cm3. La crosta continentale  può essere suddivisa in crosta  superiore (velocità delle onde sismiche fino a 6,5 km/s) e crosta inferiore o profonda (velocità delle onde sismiche da 6.5 a 7.6 km/s). La variazione nella velocità delle onde sismiche ha permesso di individuare la discontinuità di Conrad.  A testimonianza del carattere eterogeneo della crosta continentale, la discontinuità di Conrad non è uniformemente distribuita.
La crosta continentale superiore e' costituita da rocce intrusive e metamorfiche con sottili coperture di rocce sedimentarie. La crosta continentale inferiore è composta da rocce di tipo gabbrico.

L'inizio del mantello è segnato dalla discontinuità di Mohorovicic (Moho). La Moho è individuata da un aumento di velocità delle onde sismiche, da valori inferiori a 7.6 km/s a valori vicini o superiori a 8 km/s. 
Anche il mantello si divide in due strati: mantello superiore e mantello inferiore. I dati sismici indicano una composizione di rocce ultrabasiche chiamate peridotiti composte da olivina e pirosseni almeno fino a 400 km di profondità dove l’olivina lascia il posto a minerali più stabili, con strutture più dense e compatte, tipiche degli ossidi, ma con la stessa composizione chimica. A circa 2900 km di profondità si trova la discontinuità di  Gutenberg, che separa il mantello dal  nucleo.La discontinuità di Gutenberg segna una differenza chimica tra il mantello e il nucleo che è formato in gran parte da ferro metallico. Anche il nucleo è diviso in due strati: uno esterno liquido e uno interno solido, entrambi a composizione piuttosto omogenea caratterizzata da ferro e nichel, separati da una zona di transizione.
La divisione tra i due strati è posta a circa 5200 km di profondità dove si riscontra un'altra discontinuità (discontinuità di Lehman) alla sommità della quale si estinguono le onde sismiche che non si propagano nei liquidi (onde S).  Un ulteriore suddivisione dell’interno della terra si basa sulle caratteristiche fisiche e meccaniche dei materiali che la compongono. Si parla di litosfera, astenosfera e mesosfera. La prima comprende la crosta e una parte del mantello, ed ha un comportamento abbastanza uniforme di tipo rigido, tipico di solidi con temperature lontane da quella di inizio fusione.
 Al disotto della litosfera, è presente, una zona parzialmente fusa detta astenosfera. I sismologi indicano questa zona come Low-Velocity Zone (LVZ) in quanto all'interno di essa le onde sismiche vengono significativamente rallentate. L'astenosfera si estenda fino a 350 km di profondità e il suo limite inferiore è marcato dall'aumento di velocità delle onde sismiche.
Lo strato che si estende dalla base dell'astenosfera (350 km di profondità) fino al nucleo, viene chiamato mesosfera, al cui interno si riscontrano due discontinuità a 400 e a 650 km di profondità caratterizzate da bruschi aumenti di velocità. Tali discontinuità corrispondono a brusche variazioni di densità.
La suddivisione della parte più esterna del globo terrestre in base alle diverse proprietà fisiche rappresenta il punto di partenza per la teoria della tettonica a zolle.


I MINERALI
La crosta terrestre sia nella sua parte continentale (+spessa + acida) sia nella sua componente oceanica (-spessa +basica) risulta essere composta da rocce (agglomerati solidi di minerali) e da minerali.
I minerali sono sostanze naturali in equilibrio fisico-chimico con l’ambiente, originate da processi inorganici o meno frequentemente organici, caratterizzati da una composizione chimica ben definita secondo la legge di Proust o variabile entro limiti ristretti, caratterizzata da una formula mineralogica. I minerali hanno proprietà fisiche e chimiche costanti. Fisicamente un minerale si può riconoscere dalle sue proprietà scalari (densità, peso specifico, punto di fusione) o organolettiche, o magnetiche, elettriche, termiche, ottiche, coesive (durezza, sfaldatura).
Il colore non è invece un parametro di riconoscimento in quanto diverse sono le sostanze allocromatiche che a differenze di quelle idiocromatiche cambiamo colorazione a seconda ad esempio del loro stato di aggregazione.
Chimicamente un minerale può essere caratterizzato da polimorfismo, isomorfismo, allotropia.
Il polimorfismo si ha in presenza di minerali che pur avendo la stessa composizione chimica presentano diverso abito cristallino (grafite-diamante). Ciò può essere spiegato dal differente ambiente di cristallizzazione delle due sostanze polimorfe. Variazioni di temperatura e pressione possono alterare la disposizione spaziale delle particelle all’interno del minerale.
Isomorfismo è il fenomeno inverso al polimorfismo e si verifica quando 2 minerali pur avendo lo stesso abito cristallino presentano diversa composizione chimica. L’isomorfismo si basa sulla vicarianza cioè sulla possibilità stabilità da elementi di grandezze atomiche a caratteristiche chimiche simili di sostituirsi, scambiarsi di posto all’interno della struttura del minerale, ai vertici delle celle elementari. Fe++, mg++, ca++, na++, nella formula del composto risultante la vicarianza sarà identificata con la virgola.
Per una serie isomorfa s’intenderà una ALLOTROPIA = proprietà di esistere in diverse modificazioni. .
Un minerale si può formare o per solidificazione, o per precipitazione di sostanze in h2o (in condizioni di +t per evaporazione del solvente o –t nelle soluzioni soprassature) o per sublimazione dei vapori come nel caso dei cristalli di zolfo ce si formano ai margini dei crateri vulcanici.
Un cristallo è definito come una sostanza solida, naturale o artificiale, caratterizzata da una disposizione ordinata di particelle, da un reticolo cristallino di forma poliedrica, definita quindi da superfici piane dette facce.
I soldi che inevce non possiedono una disposizione regolare degli atomi al loro interno si dicono amorfi. Ciò p dovuto al processo di formazione che prevede una rapida solidificazione  dal materiale ancora allo stato liqauido con lo sviluppo conseguente di una caratteristica struttura vetrosa.
Il reticolo cristallino è la struttura generata dalla ripetizione nelle 3 dimensioni dello spazio della più piccola unità tridimensionale che conserva ancora le caratteristiche chimiche e strutturali del materiale.= la cella elementare. Il reticolo cristalli si distingue dall’abito cristallino poiché quest’ultimo è solo la forma esteriore del cristallo, generata dall’unione di più celle elementari.
La struttura di un cristallo dipende dal tipo di legame che si instaura fra i suoi elementi (ionico, molecolare, covalente, metallico ecc) ma anche dalle dimensioni delle particelle che compongono la cella elementare. Se dentro la cella sono presenti ioni di dimensioni differenti es na+ magg di cl- accade che attorno allo ione piu piccolo si circondano n (n=numero di coordinazione) ioni di segno opposto, con n proporzionale alle dimensioni dello ione centrale con n solitamente compreso fra 3 e 12.
Riconoscere un cristallo a volte non è facile in quanto l’abito cristallino può apparire estremamente complesso: esso tuttavia deriva sempre dalla combinazione di forme più semplici. Nei casi più sfortunati esiste una caratteristica che permette l’identificazione e la classificazione del minerale: la legge degli angoli diedri che dice che gli angoli diedri , formati da facce che s’incontrano in uno spigolo, hanno ampiezza costante e caratteristica per i minerali di una stesso tipo.
Il criterio più diffuso per la classificazione dei minerali è di tipo chimico, che prende in considerazione l’anione che caratterizza il minerale. Parleremo allora di solfuri per lo ione solfato SO4 2- / aloidi per lo ione cloruro cl-/ carbonati per lo ione CO3 2-/ Silicati per lo ione silicato SiO 4 4- ecc A Questi vanno aggiunti gli elementi nativi, rari, privi di anioni, costititi dunque da un solo componente chimico.
I silicati sono i minerali più abbondanti della crosta terrestre e sono caratterizzati dalla presenza dello ione silicato SiO 4 4- dalla tipica forme tetraedica. La loro classificazione non è di tipo chimico ma strutturale in quanto dipende dal modo in cui i tetraedi  si legano e si dispongono fra loro. Si parla di neso olivine tetraedi isolati, soro epidoti doppi, ciclo berillo anello, ino pirosseni catena semplice o doppia, fillo miche piani sovrapposti, tetto quarzo strutt tridimensionale
I silicati si possono ulteriormente distinguere in femici con fe e mg caratterizzati da elevata densità, colore scuro e basso rapporto si/o, o sialici con al e si che hanno più bassa densità, sono chiari e hanno alto rapporto . si/o. Ric anisotropia almeno una caratteristica fisica varia lungo le 3 direzioni dello spazio.

LE ROCCE 
Le rocce sono aggregati naturali di due o piu minerali. Esse non hanno una composizione chimica definita perche i minerali che le compongono possono mescolarsi fra loro in qualsiasi rapporto quantitativo.
Diversi sono i criteri di classificazione delle rocce, il più diffuso è quello che tiene conto del processo di formazione delle stesse, ovvero quella che si basa sui processi litogenetici che sono di tre tipi:
processo magmatico da origine alle rocce magmatiche o ignee che sono le piu diffuse. Esso prevede la solidificazione del magna proveniente dall’interno della crosta terrestre, tuttavia tale solidificazione può avvenire sia in superficie che in profondità per cui a condizioni variabili di pressione e temperatura. il magma è un miscuglio di minerali naturale ad alta temperatura mobile e chimicamente complesso nel quale prevale una fase liquida di composizione sialica (fuso) in cui sono presenti gas disciolti e cristalli in sospensione (agenti mineralizzatori) che favoriscono il movimento del ioni e la formazione di cristalli al diminuire della temperatura.
Il processo sedimentario origina le rocce sedimentarie(detritiche, organogenee, di origine chimica). Esso avviene in superficie, in condizioni cioè di bassa temperatura e pressione e può attaursi secondo tre diverse modalità: o per deposito e accumulo di particelle e detriti trasportati dall’acqua, o per deposito e accumulo di prodotti derivati  dall’attività di organismi viventi, o da fenomeni chimici di precipitazione.
Il processo metamorfico genera le rocce metamorfiche prodotte da modificazioni di rocce gia esistenti. Avviene in profondità ad alta temperatura e elevata pressione.
Altri criteri di classificazione tengono conto della struttura ovvero delle dimensioni (grana) della forma esterna oppure della composizione mineralogica delle rocce.  Il settore della geologia che studia le rocce e le loro caratteristiche prende il nome di petrografia.

 LE ROCCE MAGMATICHE  
Sono quelle derivanti dal processo magmatico il seguito alla solidificazione di un magma e di classificano o tenendo conto delle condizioni di classificazione, o del loro contenuto in silice o della loro composizione mineralogica. In base alla condizioni di solidificazione si parlerà di rocce intrusive o plutoniche che si formano in profondità, sotto forti pressioni, attraverso lenti processi di solidificazione che permettono il disporsi ordinato delle particelle della roccia che dunque sarà caratterizzata da una struttura cristallina o granulare. Di rocce effusive o vulcaniche che si formano quando la solidificazione del magma avviene all’esterno della crosta terrestre. Si tratta di un processo molto più veloce se paragonato a quello che da origine alle rocce intrusive. Le rocce effusive hanno una tipica struttura vetrosa caratterizzata dalla presenza delle fratture concoidi che creano frammenti taglienti.Infine di rocce ipoabissali o filoniane che si formano quando la solidificazione del magma avviene a media temperatura e pressione. La struttura caratteristica di tali rocce è la porfidica, ricca di feno cristalli immersi in una massa di fondo microcristallina o vetrosa, oppure ancora a struttura pegmatica. Un secondo criterio di classificazione è quello che tiene conto della percentuale in silice. Come i minerali anche le rocce possono essere femiche o sialiche. Mentre per i magmi la terminologia più corretta e magma acido se è presente alto contenuto in silice, o basico se il contenuto in silice è basso. Esistono 4 tipi diversi di rocce ignee che differisco per la percentuale in silice:
1.             acide +65% corrispondono alle rocce sialiche es granito crosta continentale(intr) o riolite (eff)2.        neutre 52-65 diorite, andesite
3.             basiche 52 45 rocce femiche   gabbro, basalto (crosta oceanica)4.      ultrabasico -45 solo minerali femici peridotite (componente mantello), picrite.
Un ultimo criterio di classificazione tiene conto della composizione mineralogica rivelata per mezzo dell’analisi modale dai petrografi. Tale metodo pratico per classificare le rocce intrusive tuttavia si rivela poco adatto per la classificazione delle rocce effusive che mancano di una struttura cristallina definita.
I magni derivano dalla fusione di materiale componente la crosta terrestre o la parte superiore del mantello. La fusione delle rocce in profondità dipende dalla pressione litostatica (cresce a crescere della profondità e influenza il punto di fusione), dalla temperatura (700 magmi acidi, 1400 basici) dalla eventuale presenza di acqua che da una lato termina un abbassamento della temperatura da anche la formazione di fratture all’interno della crosta che ne favoriscono la risalita del magma.
I magmi di composizione basica sono detti primari e derivano dalla fusione parziale del mantello superiore. Essi hanno temperatura elevata 1400 e sono di conseguenza molto mobili, risalgono lentamente attraverso la crosta terrestre. I magmi di composizione acida sono detto secondari o analettici derivano dalla fusione parziale di rocce della crosta terrestre. Hanno temperature iniziali piu basse 700 e tendono a solidificare in situ a casa della loro enorme viscosità, dando origine a grandi corpi granitici chiamati plutoni. 
Le serie di bowen descrivono la cristallizzazione dei minerali durante il raffreddamento del magma in risalita. Si individuano due serie una detta continua l’altra discontinua. La serie discontinua riguarda i minerali femici e prevede che si formino minerali risalendo sempre diversi, che vanno perdendo la loro componente femica interagendo con il fuso: dall’olivina si passa ai pirosseni, quindi agli anfiboli e alla biotite. I minerali che cristallizzano hanno una struttura via via più complessa. La serie serie continua riguarda la serie isomorfa dei plagioclasi progressivamente più ricchi di Na e più poveri di Ca, dall’anortite all’albite.
Le due serie procedono parallelamente. Se dopo la cristallizzazione degli ultimi minerali delle serie avanza ancora del fuso esso darà origine direttamente a feldspato potassico, a quarzo senza interferenze con le due serie. Dopo aver descritto le due serie bowen ipotizzo che in uno o più momento della cristallizzazione si potesse verificare una separazione della porzione fusa da quella in via di solidificazione. Si parla in questo caso di cristallizzazione frazionata. Essa può provocare una diversificazione chimica dei magmi di partenza, mentre se la cristallizzazione procede regolarmente, senza cioè la separazione del fuso dai minerali già solidificati, la roccia che si originerà avrà la stessa composizione chimica del magma di partenza. La frazionata prevede che il fuso, a cui è stata sottratta una parte di materiale basico, venga separato dai minerali già cristallizzati, subendo una differenziazione magmatica e potrà originare rocce con composizione più acida rispetto al magma di partenza.

SEDIMENTARIE Le rocce sedimentarie poligeniche o monogeniche derivano dal deposito e dall’accumulo di material(sedimenti) organico, o inorganico, proveniente da rocce preesistenti erose o di nuova generazione. Sono caratterizzate dalla frequente presenza di fossili e da una peculiare disposizione a strati. Esse si formano attraverso un continuo processo che si verifica in condizioni di bassa temperatura e pressione, detto di litificazione, le cui fasi sono:1.                Disgregazione: che può esser fisica o chimica. Fisica se prodotta dall’azione meccanica esercitata sulla roccia da precipitazioni (abrasione) dall’azione del vento (deflazione) dalla formazione dei ghiacci (crioclastismo, esarazione), dall’escursione termica (termoclastismo) o ancora dall’acqua salata (aloclastismo) o dall’azione di muschi licheni o radici (bioclastisto) chimica nel caso in cui la disgregazione è una conseguenza dell’azione degli agenti di alternazione chimica: O2 CO2 , acque meteoritiche.
2.             Trasporto che può esser fluviale, glaciale, eolico o marino e che avviene sempre da zone a potenziale maggiore a zone a potenziale minore. L’acqua è il mezzo di trasporto più diffuso e più efficace. Il trasporto dei clasti all’interno di una massa d’acqua in movimento dipende dall’energia dl mezzo, dalla dimensione dei clasti, dalla loro densità, e dalla pendenza del suolo sul quale avviene il trasporto. Quest’ultimo infine può avvenire per i clasti in soluzione, in sospensione o sul fondo per rotolamento, trascinamento o saltazione. 3.            Deposito, che può avvenire in ambienti continentali o anche in ambienti marini (scarpata)4.            Diagenesi: con questo termine s’indica l’insieme dei fenomeni che avvengono a bassa temperatura e pressione che seguono il deposito dei clasti. E portano alla formazione dei sedimenti incoerenti in sedimenti coerenti (sedimentati). La diagenesi consta di due fasi. Compattazione causata dall’aumento della pressione che con l’aumentare del peso dei frammenti depositanti che determina la fuoriuscita di acqua favorendo la cementazione attraverso la diminuzione della porosità del materiale. la cementazione (avviene solo in presenza di agenti collanti fra i quali il cemento carbonatico e siliceo. Le rocce sedimentarie sono classificate in tre grandi famiglie in base alla dimensione dei clasti e alla loro natura. Si parla di rocce clastiche o terrigene formate da frammnti di rocce preesistenti (ruditi, areniti, lettiti) di rocce organogene o allochimiche, derivarte dall’attività degli organismi viventie infine le rocce chimiche il cui accumulo dipende da fenomeni chimici (evaporiti, alabastro, travertino).
Diversi sono i processi chimici legati alla formazione di rocce chimiche fra i più diffusi comunque è bene ricordare la precipitazione di Sali in soluzione acquose, che può avvenire o a causa di un cambiamento delle condizioni ambientali, della temperatura, o perché le soluzioni sono sature o sovrassature. L’idratazione: un materiale si idrata quando ingloba nella sua struttura cristallina molecole d’acqua. È il tipico gaso dell’anidrite che si trasforma in gesso poi ancora l’idrolisi, la dissoluzione, l’ossidazione.
Studiare un ciclo sedimentario significa ricostruire l’alternanza della serie trasgressiva e regressiva comprese fra due discordanze. Attraverso lo studio delle discontinuità si riescono a identificare periodi in cui le terre emerse vengono invase dalle acque (trasgressione) da periodi in cui le stesse terre sono interessate da un progressivo ritiro delle acque (regressione). In generale si definisce facies sedimentaria l’insieme delle caratteristiche litologiche e paleontologiche di una roccia che dipendono dall’ambiente di formazione. I geologi ricostruiscono l’alternanza di ambienti sedimentari orizzontalmente (nello spazio) e verticalmente (nel tempo).

METAMORFICHE Le rocce metamorfiche sono quelle che derivano dalle profonde modificazioni fisiche di rocce preesistenti causate da più o meno intense variazioni di temperatura e/pressione. La composizione chimica nel processo metamorfico rimane comunque inalterata.
A seconda che prevalga il parametro della temperatura o della pressione si parlerà di metamorfismo di contatto, cataclastico e regionale.
Il metamorfismo di contatto si verifica quando la trasformazione della roccia avviene solo a causa di un forte incremento della temperatura, quindi in zone a bassa profondità. L’aumento della temperatura di una roccia provocato ad esempio dalla vicinanza di un magma analettico può provocarne la fusione a cui seguirà un lento raffreddamento e dunque una ricristallizzazione o blastesi Aumenteranno le dimensioni dei cristalli, si delineerà una struttura massiccia e granulare pur rimanendo invariata la composizione chimica della roccia di partenza. Es marmo

Nel met cataclastico intervine solo la pressione: le rocce urtandosi tendono a frantumarsi completamente dando origine alla struttura milonitica o parzialmente con la conseguente struttura cataclastica.

Infine nel met regionale intervengono sia la variazione della temperatura che della pressione. A causa dei movimenti della crosta terrestre enormi masse rocciose possono trasferirsi da zone poco profonde e zone molto profonde e viceversa. Se l’aumento della temperatura interviene come abbiamo visto attraverso la ricristallizzazione del composto, l’aumento della pressione determina strutture orientate, scistosità. Le nuove rocce metamorfiche dispongono il loro asse maggiore perpendicolarmente rispetto la direzione dell’intensità massima della pressione.es srdesie, filladi, gneiss.

La classificazione delle rocce metamorfiche viene effettuata privilegiando il dato geologico, cioè la ricostruzione dell’ambiente metamorfico di formazione. Si tengono in considerazione due importanti elementi. 1) A determinati intervalli di t e p corrispondono zone della crosta terrestre. 2) Per individuare le caratteristiche dell’ambiente metamorfico utile è lo studio dei minerale indice che si formano in ristretti intervalli di p e t. attraverso le facies metamorfiche (insieme di rocce di origine e composizione diversa, ma stesso ambito di p e t) è possibile ricostruire i movimenti della crosta terrestre e l’evoluzione geologica della stessa. Un altro metodo per classificare le rocce metamorfiche è in base al loro diverso grado di metamorfismo.

Un           CICLO LITOGENETICO  consiste nella ciclica trasformazione di rocce magmatiche , sedimentarie e metamorfiche una nell’altra. I processi di alterazione, erosione , trasporto e deposizione agiscono su tutte le rocce che affiorano sulla superficie terrestre. In seguito alla deposizione dei clasti e alla successiva diagenesi si formano le rocce sedimentarie. Queste, a causa dei sollevamenti della crosta terrestre , possono tornare in superficie per essere di nuovo erose oppure portarsi in profondità
dove a causa di pressione e temperatura elevata diventeranno rocce metamorfiche . le rocce metamorfiche a loro volta potranno tornare in superficie direttamente oppure sempre a causa dell’aumento di temperatura potranno essere sottoposte a processi di fusione ( anatessi) andando così a formare masse metamorfiche intrusive. Le rocce ignee a loro volta possono arrivare ad affiorare in superficie per essere nuovamente erose e trasformate in rocce sedimentarie chiudendo così il ciclo.

I VULCANI sono fratture della superficie terrestre dalle quali fuoriescono materiali liquidi (lava), solidi (ceneri, sabbie, lapilli, bombe), aeriformi (gas specialmente CO CO2 CH4 e vapori h20) quando la pressione dei gas supera quella di contenimento delle rocce.  I vulcani testimoniano l'esistenza, nelle zone profonde della litosfera, di masse fuse silicatiche naturali dette magmi.Un generico vulcano è formato da:
1.             una camera magmatica, alimentata dal magma in risalita sotto forma di diapiri. Quest’ultimi responsabili fra l’altro dei tremori, piccoli terremoti associati al movimento dei magni all’interno della crosta terrestre, si intrudono sfruttando fratture già esistenti, inglobando blocchi sovrastanti, mescolandosi infine da 2 a 10 km di profondità nella litosfera dando origine appunto alla camera magmatica che svuotatisi in seguito ad un'eruzione, può determinare il collasso del vulcano stesso e dunque la formazione di una caldera.2.     condotto principale, luogo di transito del magma dalla camera magmatica verso la superficie.
3.             un cratere sommitale, dove sgorga il condotto principale.
4.             uno o più condotti secondari, i quali, sgorgando dai fianchi del vulcano o dalla stessa base, danno vita a dei coni secondari.
5.             delle fessure laterali, fratture longitudinali sul fianco del vulcano, provocate dalla pressione del magma. Esse permettono la fuoriuscita di lava sotto forma di eruzione fessurale.
I vulcani possono essere classificati in base al tipo di apparato vulcanico esterno o al tipo di attività eruttiva: entrambe queste caratteristiche sono strettamente legate alla composizione chimica del magma, in particolare dalla percentuale di silice presente (che ne determina la viscosità) e dalla quantità di gas presenti (che possono generare un’attività più o meno esplosiva). Tale classificazione è detta Classificazione Lacroix dal geologo francese Alfred Lacroix che per primo la ideò.
Da un magma acido o viscoso derivano i vulcani a cono: sono caratterizzati da una eruzione esplosiva discontinua es la pelee. L’eruzione esplosiva prevede violente esplosioni causate dalla fuoriuscita di bolle di gas e produce i piroclasti frammenti di varia dimensione (ceneri, lapilli, bombe) generati sia dalla frantumazione di parti dell’edificio vulcanico, sia dallo sminuzzamento del magma stesso. I meccanismi di accumulo del materiale esplulso dall’eruzione possono essere di 3 tipi:
1.             meccanismo di caduta gravitativa: i piroclasti vengono lanciati verso l’alto e poi ricadono al suolo ricoprendo il terreno con depositi più sottili via via che ci si allontana dal centro di emissione.
2.             meccanismo di flusso piroclastico che genera nubi ardenti formate da gas, con abbondante materiale piroclastico incandescente in sospensione. I frammenti depositati si saldano a caldo, formando tipiche rocce chiamate ignibriti.
3.             il meccanismo di ondata basale che genera flussi di gas con quantità modesta di piroclasti che procedono radialmente rasoterra, a notevole velocità lungo i pendii del vulcano. Si generano quando acqua di falda penetra nella camera magmatica provocando una violenta eruzione detta freato-magmatica.
Da un magma a composizione intermedia derivano gli strato vulcani caratterizzati da un’attività eruttiva prevalentemente esplosiva discontinua. Es vulcano, e vesuvio, l’Etna e vulcano sono tipici vulcani a cono regolare in cui l’eruzione è caratterizzata dall’alternanza di colate laviche ed emissione di piroclastiche. Da un magma basico o fluido derivano i vulcani a scudo. Essi presentano un’attività di tipo effusivo. Dal cratere vulcanico fuoriescono colate laviche che possono raggiungere anche notevoli distanze dal punto di emissione. Le lave prodotte da questo tipo di attività possono essere subaeree (pahoehoe, a corda, aa) o subacque (a cuscino). Es vulcani hawaiani, mauna loa.Strettamente legati all'attività vulcanica sono una serie di fenomeni detti di vulcanismo secondario o post-vulcanici.Questi fenomeni prendono origine a causa della presenza di magma in prossimità del suolo che, raffreddandosi, determina la liberazione di gas o il riscaldamento delle acque del sottosuolo, con conseguente emissione di gas e vapor d'acqua. Esempi sono le fumarole, i geyser, le sorgenti termali, i soffioni, le mofete, le solfatare, ecc. Un altro fenomeno di vulcanesimo secondario è il bradisismo, che consiste nel lentissimo movimento verticale del terreno.

 Distribuzione dei vulcani nel mondo
Se guardiamo la distribuzione dei vulcani nel mondo, notiamo che questa segue un certo ordine. La maggior parte di essi infatti si trova in corrispondenza dei contatti tra le varie placche che formano la crosta, e in particolare lungo i margini di subduzione (dove una placca sprofonda sotto l'altra), lungo le dorsali oceaniche. Alcuni invece si possono trovare lontani da questi margini attivi, come quelli dell'arcipelago delle Hawaii, che sono associate agli hot spots , fessurazioni della crosta attraverso le quali il magma risale direttamente dal mantello.
Rischio vulcanico= valore atteso di perdite
Pericolosita(propabilità che un evento si verifichi) * vulnerabilità (propensione a subire danneggiamenti) * esposizione (numero di elementi a rischio)
Fenomeni pericolosi: colate laviche per agricoltura, flussi piroclastici, sismicità 1693 val di noto 1908 messina
Previsione: emissione gas, rigonfianti dei fianchi, variazione livello acqua pozzi, microsismi, bradismi, variazione campo magnetico, boati, piogge melmose.

TERREMOTI sono manifestazioni superficiali di forze tettoniche che si sviluppano all’interno della crosta terrestre . La dinamica di un terremoto si spiega attraverso la teoria de rimbalzo elastico  secondo cui le rocce che compongono la crosta pur avendo comportamento elastico se sottoposte
a sforzi, si deformino accumulando ugualmente energia fino a giungere al punto di rottura.
Come quando una molla dopo essere stata tanto compressa scatta improvvisamente , allo stesso modo tutta l’energia accumulata dalle rocce elastiche si libera sotto forma di calore e di onde sismiche permettendo la nascita della faglia.
Il punto in profondità dove si verifica la rottura si chiama ipocentro, la sua proiezione sulla superficie terrestre si chiama epicentro.
La teoria del rimbalzo elastico spiega anche perché i terremoti siano  dei fenomeni periodici , che si ripetono cioè sempre nella stessa zona dopo un certo periodo. Ci vuole del tempo infatti perché “la molla” si possa ricaricare affinché cioè le masse rocciose dei due labbri  possano dopo la prima rottura, accumulare abbastanza energia per vincere la forza d’attrito determinando una nuova faglia.
Dall’ipocentro del terremoto si propagano in tutte le direzioni dello spazio due tipi di onde sismiche con fronte d’onda sferico. Le onde p (primarie o longitudinali) provocano al loro passaggio oscillazioni delle particelle nella stessa direzione dell’onda. Vengono chiamate anche onde di compressione perché al passaggio dell’onda le particelle adiacenti alternativamente di avvicinano o si allontanano provocando successive variazioni di volume della roccia. La velocità delle onde p dipende dal tipo di materiale attraversato, dallo stato fisico e dalla densità. Ricordando che esse possono attraversare indifferentemente solidi, liquidi e gas, la loro velocità maggiore se passano attraverso un solido.
Le onde s (secondarie o trasversali) provocano oscillazioni delle particelle perpendicolarmente rispetto alla direzione dell’onda. Rispetto alla p non possono propagarsi nei fluidi e in generale non più lente.
Dall’epicentro invece si propagano le onde superficiali L, di cui si distinguono due gruppi principali: onde di Rayleigh che generano movimenti ellittici sulla stessa direzione dell’onda, e onde di Love che invece provocano movimenti trasversali e perpendicolari alla direzione di propagazione dell’onda.
 I sismografi sono il principale strumento degli scienziati che studiano i terremoti
Fondamentalmente un sismografo è un semplice pendolo. Quando la terra trema, la base dello strumento si muove con essa, ma l’inerzia mantiene il pendolo in posto. Esso allora sembrerà muoversi, relativamente al suolo che vibra. Movendosi, esso traccia su un rullo di carta una registrazione chiamata sismogramma
Una stazione sismografica, dotata di tre differenti pendoli disposti in maniera da registrare rispettivamente i movimenti in senso nord-sud, est-ovest e verticali della terra, possono produrre sismogrammi, grafici che consentono agli scienziati di stimare la distanza, la direzione, la magnitudo Richter e il tipo di movimento di faglia che ha causato il terremoto. I sismologi usano reti di stazioni sismografiche per determinare la localizzazione di un terremoto, e per meglio stimare gli altri suoi parametri.
La magnitudo Richter è il dato numerico proporzionale all’energia liberata all’ipocentro. La scala delle magnitudo viene chiamata anche scala Richter. A differenza della scala Mercalli, che valuta l'intensità del sisma (dato empirico, varia da grado I a XII) basandosi sui danni generati dal terremoto e su valutazioni soggettive, la magnitudo Richter tende a misurare l'energia sprigionata dal fenomeno sismico su base puramente strumentale. Si tratta di una scala logaritmica, dunque non presenta né un valore massimo né minimo, tuttavia il limite di elasticità massimo delle rocce permette di registrare al massimo valori poco superiori a 9. la magnitudo si calcola nello specifico misurando l’ampiezza massima A delle onde sismiche registrate in qualsiasi stazione di rivelamento e mettendola a confronto con un’ampiezza standard Ao secondo la formula M=log 10 A/Ao
Isosisme= linee chiuse di uguale intensità
Come si determina l’epicentro di un terremoto?
Occorre sismogramma e grafico cartesiano con dromocrome=curve la cui inclinazione varia da luogo a luogo a seconda del tipo di rocce attraversate dalle onde sismiche e che per una data località rappresentano la velocita di propagazione delle onde p e s. sull’asse delle ascisse si leggerà la distanza di un punto direttamente dall’epicentro ma è solo  usufruendo di almeno tre registrazioni relative a tre località differenti con il metodo delle 3 circonferenze che si riuscirà a stabilirne la posizione precisa.
I fenomeni sismici così come quelli vulcanici si concentrano su determinati luoghi della terra, in prossimità di fasce allungate ai bordi dei continenti oppure seguono allineamenti precisi al di sotto degli oceani (anello del circumpacifico)
Rischio= valore atteso di perdite
Pericolosita(probabilità che un evento si verifichi) * vulnerabilità (propensione a subire danneggiamenti) * esposizione (numero di elementi a rischio)
Il terremoto non è un fenomeno prevedibile. Esistono due tipi di previsione: quella deterministica che cerca di localizzare precisamente nello spazio e nel tempo il terremoto futuro basandosi sullo studio dei fenomeni premonitori.(diminuzione velocita delle p, sollevamenti del suolo, variazione livello falde acquifere, emissione gas sottosuolo, diminuzione resistività delle rocce) e quella statistica che ha lo scopo di valutare con quale probabilità possa verificarsi in una determinata zona e in dato intervallo di tempo un evento di una certa intensità. Per studi di questo tipo ci si basa sul tempo di ritorno e su studi dei terremoti passati. Si individuano in questo modo aree a rischio sismico. Individuate le aree a rischio, facendo opera di prevenzione è possibile limitare il numero di vittime.